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Erano

Devo scrivere di loro, di quello che è stato e che per sempre sarà.
Non è facile.
Dovrei cominciare dal principio ma forse sarebbe troppo lunga e poi non capireste, ne sono sicuro, restereste lì impalati a chiedervi come mai.
E io non saprei rispondervi, visto che nemmeno io l’ho capito.
Proviamo a fare un tuffo, il più dentro possibile, come se infondo all’acqua ci fosse un metallo talmente luccicante da rischiare tutto.

Con quello stesso interesse guardate infondo alla stanza, piena di gente che ride e sbraita, in mano qualcosa con un nome abbastanza cool, un drink uno short vedete voi.
Lui teneva in mano un whiskey, non ricordo la marca, tanto non è importante saperlo.
Continuate a frugare tra le genti per capire se quello che avete visto un attimo prima esiste, o è solo frutto del troppo alcool in corpo. Ora stupitevi!
Perché è tutto reale.
Capelli corti, direi molto lontano dall’ideale di principessa, occhi grandi abbastanza da potervisi specchiare ma fareste fatica, perché il nero carbone vi assorbirebbe lasciandovi di stucco, un po’ com’è successo a lui.
Date un’occhiata al bicchiere, dandogli la colpa di tutto quello che state vedendo.

Con fare interrogatorio si avvicinò, a una sedia di distanza disse.
–Ciao-
Niente di che direte voi… bhe… anch’io la penso così, si poteva far di meglio.
Nemmeno a lei bastò, tant’è vero che si girò dall’altra parte come se quel suono fosse stato causato da un ronzio di una qualche mosca.
Nonostante nella sua vita non l’avesse mai fatto, non gli restò che insistere per ottenere ciò che voleva.
Allora fu un altro ciao a farla girare verso di se, lei era inconsapevole che l’uomo che si sarebbe trovata dinanzi, proprio a una sedia di distanza, era quello che l’avrebbe condotta in un viaggio lungo come il cielo e profondo come il mare.
La loro storia è un po’ strana, bislacca, contrastante, spensierata, triste, sorridente, desolata, incomprensibile in certi momenti.
Dovete sapere che nascono tutti e due nell’anno 1980, parecchio indietro direte voi.
Con un calcolo approssimativo diciamo che adesso cominciano a essere un po’ grandicelli, sono un uomo e una donna, veri e propri.
Usciamo da quel bar si sta stretti lì con una storia del genere, saltiamo il pezzo in cui lui, Angelo, offre un altro nome cool a lei, Tiziana.
Sorpassiamo il fiume di parole che zampillerà per la prossima mezz’ora, le battute, gli sguardi certi del finale, allunghiamo il passo lasciando dietro di noi i baci sulle guance, sulle labbra e sul collo, corriamo per scordarci casa di Tiziana che non era mai in disordine, nemmeno allora che era andata a vivere da sola per l’università.
Sorvoliamo dall’alto quella notte di passione, la prima di una lunghissima serie che dipingerà la storia di quei due fino alla fine dei loro giorni, sarà un evento tanto quanto la caduta del muro di Berlino, le torri gemelle o chissà cos’altro è accaduto in questi ultimi trent’anni, qualcosa di epocale e drasticamente indimenticabile.
Bravi.
Ora andiamo a quando Angelo si è svegliato la mattina dopo, con difronte a se il viso di Tiziana, non se l’era dimenticato come faceva tutte le notti che beveva, era sempre quello anzi, c’era pure qualcosa che mancava.
La guardò per altri cinque minuti, convinto che Dio non avrebbe saputo far di meglio.
Ed ecco che si svegliò anche Tiziana esattamente un minuto dopo Angelo, ed anche lei cominciò a stirarsi tra le coperte, si raggomitolava le dita dei piedi chiedendosi se quello che era successo quella notte, fosse possibile ricordarselo così bene.
Si girò dall’altra parte del letto, in cerca del viso di Angelo da tenere negli occhi carbone, giusto per rinfrescarsi la memoria.
Non trovò però null’altro che un cumulo di coperte rivoltate, portavano la cicatrice di quel ragazzo, la forma delle sue spalle, il cuscino con appoggiato sopra un bigliettino con su scritto, -Torno subito-.
Dovete sapere che quel giorno Angelo tornò, sempre con le sue idee un po’ strambe, però tornò e di questo ne dobbiamo fare atto.
Anche Tiziana, quando ormai era convinta di essere stata fregata, aprì la porta restando di stucco nel vedere Angelo con un sacchetto bianco, con scritto: –Forno Romagnoli-.
-Ero andato a prendere la colazione-.

Diciamo che quella fu la prima di una sterminata e infinita serie di bugie e menzogne, ognuna diversa, ognuna sempre meno convincente, ognuna sempre più ridicola.
Ognuna di queste bugie che Tiziana faceva finta di non capire, era un passo in più verso quella fine.
Un giorno però, anzi, non era uno qualsiasi, sarebbe sbagliato dirvela così.
Il giorno di San Valentino per l’esattezza, proprio quello in cui erano seduti al ristorante della piazza, illuminato dalle luci del duomo e dalle candele rosse al centro dei tavoli.
Come se quelle candele, che erano proprio tra gli innamorati, fossero il simbolo del loro vigore, finche queste erano accese voleva dire che i due… erano.
Angelo la spense quando tra il primo e il secondo scostò la mano di Tiziana e disse:
–Vado un attimo al bagno-.
Ciò facendo si portò con se il giaccone color ebano che, nell’alzarsi, spense la candela facendo innalzare un piccolo fiumiciattolo grigio nebbia che si dimenava davanti al viso di Tiziana.
Lei chiamò il cameriere chiedendogli di accendere la candela, espresse la sua gratitudine con un largo sorriso, poi si mise lì a pensare tra se e se.
Senza nemmeno accorgersene si trovò in piedi, di fronte alla porta del bagno degli uomini con in mano null’altro che la speranza di sbagliarsi, di essere la solita stupida malfidente.
Ed ecco lì che comincia la nostra storia, il nostro tuffo verso il metallo luccicante.
Ci sei quasi ma l’acqua ti entra nei polmoni.
-Ti chiedo scusa Tiziana, posso spiegarti tutto!-. Gli diceva così.
A dire il vero nemmeno io avrei saputo dire niente di meglio questa volta, almeno però avrebbe potuto tirarsi giù le maniche che ancora sbrodolavano un rivolo di sangue.
Sicuramente poteva anche sforzarsi di tenere gli occhi aperti invece che ribaltarli continuamente, e Cristo! quel cazzo di laccio poteva anche toglierselo no!

La cosa sorprendente di questa storia nasce proprio adesso, quando Tiziana ha trascinato per il colletto Angelo per tutto il duomo del paese scaraventandolo nella macchina che si erano comprati insieme un anno prima.
Guidando fino a casa, di tanto in tanto lo maledisse, lo insultò, gli augurò tutti i mali possibili ma, ed è forse questo che non riesco a capire, non lo abbandonò mai.
Nemmeno quando Angelo, per via dell’astinenza, ruppe i quadri del loro matrimonio sbraitando che era una stronza e che doveva farsi gli affari suoi, che aveva fatto un errore talmente grande a sposarla che se fosse potuto tornare indietro, non gli avrebbe offerto proprio un bel niente!
Nemmeno lì lo fece, abbandonarlo.
Determinata verso quel metallo prezioso.
Tiziana era una ragazza innamorata come tante, forte come poche ma anche amareggiata come nessuna.
Quando gli prendevano quei momenti, quelli in cui si sentiva sola, quelli in cui c’era Angelo che sbatteva contro la porta gridando che l’avrebbe ammazzata se non avesse aperto la porta.
Cercava di scavare quel poco che bastava per ricordarsi di tutto quello che prima noi, con tanta indifferenza, avevamo sorvolato.
Ce la metteva tutta per ricordarsi quella notte e quei momenti, ogni singola forza la concentrava lì; e nel cercare di tenere la porta serrata finché lui non la sfondava, cominciando a urlare parole che non saprei scrivervi e nemmeno raccontarvi.
Erano parole che facevano male, parole accompagnate da calci e schiaffi, parole che Tiziana cominciò ad assopire tra i colli, non quelli dei baci e ne delle carezze, bensì quelli delle bottiglie.
Sembrava essere un sostituto perfetto per la candela, l’alcool.

Allora la nostra storia prende un’altra piega, un’altra acconciatura, colore, suono e forma.
Ora devo fare presto però a raccontarvela, dovunque voi siate non penso abbiate il tempo e la maniera di leggere tutto quello che accadde poi.
Sapere che Tiziana smise di bere e Angelo di farsi, no… lei non era in cinta, però non nego che avrebbe voluto, me lo diceva sempre quando passava a prendere il giornale da me.
Torniamo a noi, cioè a loro volevo dire.
Torniamo al loro trasloco, lontano dalle maldicenze e dai brutti ricordi, torniamo alla loro fiamma riaccesa da quel nuovo appartamento, dalla voglia di ricominciare.
Ora però sappiamo che la vita è fatta di cose belle e di cose brutte, brutte come il giorno in cui Angelo si era svegliato un po’ stanco e, una volta uscito dal lavoro in banca, si fermò e si andò a fare, chiamando Tiziana e dicendogli nuove bugie, quelle per cui ormai lei aveva perso l’orecchio.
-Faccio tardi amore, c’è traffico-
Ovvio….. Tiziana lo venne a sapere e, di conseguenza, anche tutto il paese, compreso io che di tanto in tanto sentivo le urla nel loro appartamento.
Era sorprendente vedere quella donna scendere le scale tutte le mattine e venirmi incontro con le sue monete in mano, chiedendomi il quotidiano del giorno, era formidabile quel sorriso mai stanco che mi regalava ogni mattina.
Era buffo sapere che quell’uomo che tornava gobbo e magro tutte le sere, nonostante non meritasse forse niente di quello che aveva, veniva accolto da quel sorriso.

All’inizio di questa storia si pensava che il protagonista sarebbe stato quell’uomo tanto bravo a parlare, chi l’avrebbe mai detto che invece tutto sarebbe ruotato intorno a lei, la vera e unica fiammella che li legava.
Dovete sapere che io sono molto scettico su queste cose, amore, eternità e roba varia, mi capitò di chiederglielo a Tiziana perché mai stesse con quello, talmente ero stupito.
Lei mi disse che nessuno
–e quando dico nessuno è nessuno, sa farmi stare bene come sa fare lui.-

Strano nevvero? Tutte queste storie di coppie “malsane”, amori “storti”, amicizie “ tristi”.
Chissà come mai?
Comunque la nostra storia termina quì, niente di che in effetti.
Tiziana lasciò Angelo, non perché volesse ma perché morì di tumore.
Angelo non uscì di casa per qualche settimana, nemmeno per farsi o per bere, per nessun motivo al mondo.
Il primo a vederlo fui io, il giorno di San Valentino, mentre cercava gli spicci per il giornale mi chiese come mi andava, io gli risposi distrattamente che era tutto a posto.
Alzò lo sguardo e mi sorrise come mai aveva fatto, prese il giornale e mi chiese quanto costassero le candele rosse che tenevo sul bancone come addobbo, gli dissi con non costavano niente e che se voleva le poteva prendere.
Mi prese alla lettera e se andò, con in mano il quotidiano a destra e le candele a sinistra.
A questo punto termina tutto qui, Angelo ora sta bene, non si è mai più fatto da quel che so io e, fidatevi, che un giornalaio di paese di cose ne sa fin troppe.
Ancora penso se sia giusto o sbagliato tutto quello che è successo a quei due, l’unica cosa di cui sono certo è che Tiziana è stata vicina a quell’uomo fino all’ultimo giorno e anche oltre sembrerebbe e che lui, pure se in calcio d’angolo ha saputo cogliere qualcosa.

Si sono giocati tutto, sembrerebbe che quello che cercavano era abbastanza luccicante per rischiare.
Sembrerebbe che quella candela era ancora accesa, quella forza ancora viva e che quindi ancora….ERANO.

KIDANE GRIANTI


16 Marzo 2015
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