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Droga: un costo di 715 euro annui per ogni italiano

Il ruolo dello Stato nel prevenire e nel trattare il problema della tossicodipendenza a partire dai costi che si riflettono sulla società e sui singoli contribuenti.

Si è parlato a 360 gradi di questo argomento, oggi, durante il panel intitolato “ Droga, quanto ci costi. Impatto economico e sociale delle dipendenze ”, nell’ultima giornata dei “WeFree Days” a San Patrignano. “L’evento intende stimolare le istituzioni riguardo a temi cardine dell’attività portata avanti dalla comunità, quali la prevenzione e il pieno recupero delle persone con problemi di dipendenza” ha sottolineato in apertura lavori Marcello Chianese, responsabile legale di San Patrignano.

Partendo proprio dal denaro che la comunità, da sempre gratuita, fa risparmiare allo Stato italiano – 35 milioni annui – si è passati all’analisi delle politiche governative in materia con il contributo di Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla Giustizia.

“Oggi su 50mila detenuti in Italia se ne contano quasi 18mila per reati legati agli stupefacenti. Nella media essi costano 150 euro al giorno ed è anche difficile recuperare da parte dello Stato le spese giudiziarie. Senza contare – ha continuato il ministro – i costi legati all’attività d’indagine, investigativa e quelli legati al processo penale. Per questo ritengo sia importantissima la prevenzione, oltre all’informazione, specialmente verso i minori, facilmente adescabili anche via web”.

Ferri si rifà ad un testo del ’78 per introdurre il confronto attuale politico e giuridico sulla legislazione che regolamenta i reati legati alla droga: “In ‘ Droga e legge penale ’ già Flick si chiedeva se fosse giusto e conveniente recuperare le persone che hanno sbagliato.

Oggi il dibattito giuridico legislativo pone un quesito, da una parte occorre mantenere la certezza della pena, dall’altra trovare un sistema più terapeutico meno carcerocentrico”.

Il ministro ha poi evidenziato la necessità di fare rete, anche attraverso un partenariato tra pubblico e privato. Territorio dove la discussione è aperta e dove “lo Stato deve recuperare il proprio ruolo di coordinamento e di indirizzo” come ha spiegato Giovanni Pieretti, docente di Sociologia all’Università di Bologna ponendo l’accento sulla necessità di uniformare il servizio alla persona. “I costi legati al problema della tossicodipendenza (sanitari, legali, sicurezza) equivalgono circa all’1,8% del Pil, quindi su ogni cittadino italiano pesano per 715 euro all’anno.

Nel Lazio la cifra per l’ospitalità di un tossicodipendente in comunità è di 37 euro, per un cane al canile 32. In Italia la retta oscilla tra i 37 e i 150 euro, alcune regioni propongono una retta bassa ma criteri di accreditamento lunari. Occorre portare giustizia nella materia, oppure il titolo V della Costituzione rischia di diventare una sbornia federalista. Gli articoli 117 e 118 riformulati rischiano di cozzare contro i diritti di cittadinanza di tutta la popolazione. Non auspico un tariffario unico nazionale ma una maggiore uniformità”.

Il positivo impatto economico e sociale delle comunità di recupero drug free è stato approfondito dal professor Martien Kooyman, psichiatra e psicoterapeuta olandese che nel proprio Paese ha fondato e diretto numerose realtà di questo tipo, e da Rowdy Yates, ricercatore scozzese di scienze sociali applicate alla University of Stirling. “Il successo del trattamento drug free significa ridurre la circolazione di droghe in generale, migliorare la salute fisica e mentale e l’integrazione sociale, ridurre le ricadute, far diminuire la criminalità – ha spiegato Kooyman – Più a lungo si rimane all’interno di un programma più elevato è il tasso di successo. Le ricerche mostrano che 1 dollaro investito in questo settore porta a un risparmio di 10 dollari in termini di costi sanitari”.

Spendere nelle comunità terapeutiche è un investimento – ha fatto eco Yates – Un buon trattamento delle dipendenze promuove uno sviluppo positivo del contesto sociale. Gli studi dimostrano che se le persone si recuperano senza l’impiego di sostanze sostitutive, rientrano in società con una qualità della vita superiore a quello della popolazione media”.

Interessante la prospettiva di analisi di Engin Durnagol, magistrato turco ospite ai Wefree Days che ha indagato il rapporto tra traffico di stupefacenti, criminalità organizzata e terrorismo. “La criminalità organizzata transnazionale e i gruppi terroristici costituiscono una grave minaccia per la sicurezza internazionale – ha sottolineato –  Ciascun soggetto alimenta l’altro e a causa dei suoi rapidi cambiamenti la criminalità organizzata ramifica e agisce con l’obiettivo di commettere uno o più crimini gravi per ottenere un vantaggio finanziario. Ci sono infatti svariate similitudini tra il profilo del terrorista e il trafficante di droga, per struttura operativa, contesto di azione, entrambi sfruttano i confini deboli della società basandosi sulla tecnologia. L’intimidazione la paura sono i loro strumenti ed entrambi si rivolgono ai giovani come fonti di reclutamento per le loro attività o come bersaglio”.


10 Ottobre 2015
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