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Il PortaTORE di Storie

La vita insegna. E l’amore lascia un segno.

Nella lettera di Lia e in quella che gli inviò suo padre un anno fa, una bellissima testimonianza di vita e di riscatto dedicata a tutti coloro che credono ancora nei sogni e nel futuro.

Lia racconta suo padre

Ciao, sono sempre stata riservata sulla mia vita, ma credo che questa volta io debba fare uno sforzo perché voglio condividere con voi questo breve racconto visto che avevo promesso al mio caro papà che la sua esperienza sarebbe stata l‘eredità più grande che ci lasciava. Lui voleva darci il buon esempio e siccome ci è riuscito, io e miei 3 fratelli vogliamo che le sue parole possano essere esempio anche per altri.

E’ vero che la droga uccide ed uccide anche a distanza di anni, non perdona perché è proprio la sua natura quella di distruggere, ma nonostante ciò, ognuno di noi può sconfiggerla così come ha fatto nostro papà, prendendo in mano la propria vita, facendosi aiutare (è stato anche in Comunità a San Patrignano) con umiltà, mettendoci tutta la forza di volontà presente in corpo (ma forse anche un po’ di più) per poi arrivare a scoprire che l’Amore verso qualcuno, i tuoi figli, gli amici o una compagna, ma anche verso una passione personale possono farti migliorare di giorno in giorno come persona… se lo vuoi! Ringrazio mio padre per aver sconfitto quella maledetta “stronza”, mi ha fatto capire che si può sempre credere nel cambiamento.

Sono profondamente orgogliosa di come mi abbia insegnato a vivere ed affrontare le situazioni più difficili. Lui ci ha sempre raccontato apertamente di tutti i guai in cui si era infilato, e anche se ridacchiava nel ricordare certi aneddoti, ci ha sempre gridato che la vita è un grande dono e anche con tutte le sue difficoltà deve essere vissuta in modo lucido per poterla assaporare fino in fondo… lui che aveva provato entrambi i modi di viverla mi sembrava davvero convinto che preferisse il secondo! Ce lo ha dimostrato con i fatti. Sentirsi parte del mondo, protagonista attivo e rispettoso delle vite di chi si ha a fianco…un porta’TORE di storie che non vanno negate, ma narrate mille volte ancora perché si sappia che TUTTI possono farcela e non basta crederci, è importante metterci molto impegno! Lia

Lettera di ‘Tore ai suoi figli

Gennaio 2016 giorno 26, ore 17.40

Mi trovo dentro un ospedale, per fare una guerra, per la mia vita che è la cosa più bella che c’è su questo mondo e non mi arrendo perché la voglia e il desiderio di stare assieme a voi sono infiniti. E vi porterò per sempre nel mio cuoricino.

Adesso vi racconto la mia infanzia e la mia gioventù che è stata affidata nelle mani della dolcissima nonna Assunta, una donna meravigliosa. Piano piano che crescevo, all’età di 8-9 anni ho iniziato a fumare la mia prima sigaretta e mi stavo rendendo conto che la nonna era molto severa su queste cose, mi diceva che dovevo studiare e ritirarmi a casa all’ora che decideva lei, altrimenti mi toccava dormire fuori casa. Così, ho iniziato a conoscere il popolo di Privati. Il primo che passava mi portava a dormire da loro, ogni tanto ho anche dormito dentro qualche macchina. La mattina dopo, la nonna, si metteva subito in pista per vedere dov’ero ma io non volevo saperne perché a me piaceva la vita notturna, per questo credo che i miei guai me li sia cercati.

All’età di 11 anni ho iniziato a fumare il mio primo spinello, dopo 2-3 anni a sniffare l’eroina e poi a iniettarla, poco dopo. Senza rendermi conto mi stavo letteralmente rovinando la vita con le mie mani.

Poi, nel 1990 ho capito che dovevo, potevo dare una svolta alla mia vita, la cosa più preziosa che Dio mia ha dato. Poi c’erano i miei piccoli figli che iniziavano a crescere, ed è stato questo a finire di farmi forte: la voglia di darvi il buon esempio. Anche se ho sofferto tanto per la vostra lontananza, col tempo e con la pazienza mi sono dato da fare molto per essere papà e darvi il meglio di me… e così anche voi mi avete portato delle grandissime soddisfazioni.

Poi, la grandissima fonte di ispirazione è stato vedere gioire la nonna Assunta… tutte le sere quando tornavo dal lavoro, lei mi aspettava seduta, si strofinava le mani sul braciere e io vedevo nel suo sguardo un grande orgoglio nei miei confronti, ogni sera mi domandava cosa volevo da mangiare il giorno dopo; lei lo sapeva che io adoravo il suo brodo di carne e allora senza nemmeno sentire la necessità di dirselo, lei mi rassicurava dicendomi “tranquillo ‘Tore, domani te lo faccio!”

Salvatore Angelino (51 anni)


10 Gennaio 2017
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