In Italia, da tre anni non si fanno campagne di prevenzione. E 280 comunità hanno chiuso, non ricevendo finanziamenti e i fondi destinati al recupero dalla dipendenza sono drasticamente diminuiti
Negli ultimi mesi si è parlato molto di droga. Giornali e tv ne riportano ogni giorno le cronache. Persone uccise da chi guida un’auto strafatto, bambini che bevono il metadone di mamma e papà e vanno in overdose, baby gang metropolitane dedite allo spaccio e alle violenze contro i coetanei, genitori senza speranza che uccidono i figli ‘tossici’, da cui sono picchiati per avere i soldi di un’altra dose. Eppure, questo incredibile crescendo di disagio e dolore, dal quale sono travolti centinaia di migliaia giovani e le loro famiglie, sembra scivolarci addosso senza problema. Siamo ormai assuefatti alla droga, anche se non ne consumiamo. La vicina di casa ha un figlio di quarant’anni, da venti in cura al Sert, senza avere mai smesso di drogarsi: è normale. Un collega di lavoro sniffa cocaina nel bagno dell’ufficio: fatti suoi. Nei cortili delle scuole ci si “spinella”: mica vorrai impedire ai ragazzi di divertirsi un po’? Siamo in preda agli effetti di un cocktail di rassegnazione, disinteresse ed egoismo. Ci hanno coinvinto dell’inevitabilità della droga. Giriamo la testa dall’altra parte, tanto non esiste soluzione. Ben venga allora il 26 giugno, giornata mondiale delle Nazioni Unite contro la droga. Al mondo, invece, esitono esperienze dove questi problemi vengono risolti con buone pratiche di riduzione dell’offerta e della domanda di droga.
Un esempio. La Thailandia, luogo simbolo della produzione e del commercio d’eroina, in 10 anni è riuscita a raggiungere l’estirpazione totale del papavero da oppio, sostituito da piante tessili e alimentari. Lo ha fatto grazie a Doi Tung, un’associazione di volontariato e alla collaborazione della casa reale di quel Paese. Lo stesso sta acdendo con la coca in Perù e in Colombia, per il lavoro svolto da organismi internazionali e comunità locali. Anche in Italia potremmo fare molto, se solo ne avessimo la volontà. Lo dico perchè, da tre anni non si fanno campagne di prevenzione.
Tra le comunità di recupero, modelli efficaci e replicabili di fuoriuscita dalla tossicodipendenza, ben 280 hanno chiuso i battenti negli utlimi 10 anni, non ricevendo dalle Istituzioni i dovuti finanziamenti. Mentre, i fondi destinati al recupero dalla droga sono passati dai 100 milioni d’euro del 2001 ai 15 milioni del 2007. Infine, la nostra legge sugli stupefacenti consente a chiunque di provare che la droga in suo possesso è per uso personale.
Lo ha confermato la Cassazione con una sentenza del mese scorso. Cinquantuno grammi di cocaina nel baule della macchina non sono reato. Risultato, impossibile dividere spacciatori da consumatori. Sono esempi di cose che non vanno, sono insufficienti o da cambiare. Temi su cui potremo misurare quanta volontà esiste nella nostra società di affrontare il dramma della droga.