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I miei figli stanno bene.

25 anni fa conobbi Alessandra, al mare per esattezza.
Portava un costume a due pezzi, nero, ancora ai tempi non era permesso girare con i perizomi che vanno ora.
Era capace di far immaginare, forse è quello che mi piace di quegli anni, il fatto che fosse tutto così velato, era ancora più interessante……ma….. facciamo un passo indietro.
Sono Renzo.
Sono nato in una famiglia medio borghese, mio padre aveva una ditta di mobili, una volta nato io, decise di chiudere per aprire un piccolo negozio di lampadari.
Voleva passare più tempo con la famiglia.
Mia madre era bellissima, girava per casa con una lunga veste verde, era casalinga, così voleva mio padre….. vecchi tempi….. ora non sarebbe più possibile.
Sapete, mia madre era sempre lì con me, in ogni momento, pure mentre era incinta della mia sorellina, Stefania, passava le giornate a giocare e a rotolarsi con il pancione.
Sembrava una grossa e felice foca.
Stefania nacque. Tre anni dopo di me. I miei sembravano pendere dalle nostre labbra, sembrava che i nostri sorrisi gli permettessero di passare oltre ogni altra cosa.
Io e Stefania crescevamo, avevo cominciato l’istituto classico, volevo diventare giornalista.
I miei non mi limitarono mai su quello che volevo fare, anzi, fin da quando ero piccolo mia madre mi diceva – Renzo cosa vuoi fare?- -Renzo, che sport vuoi fare?- -Renzo, che scuola vuoi fare?-. Mia madre mi ha insegnato tanto con quelle parole.
Stefania aveva appena cominciato le medie, il tempo sembrava fuggire dalle mani, eravamo felici di tutto.
Sapevo che i miei stavano facendo sacrifici, e io non volevo mai deluderli, fino ai sedici anni feci così.
Poi cominciai ad uscire, ad andare a ballare, facevo tardi la sera, troppo tardi, poi scoprii il mondo dell’alcool, in quegli anni andava quello e LSD. Non so perché lo facevo, forse perché era di tutti.
Poi un giorno mentre stavo tornando a casa, dopo che avevo mollato gli studi da almeno 3-4 mesi, mi aspettavo di trovare mio padre incazzato nero sulla soglia, (come al solito).
E invece no, c’era mia madre con un fazzoletto in mano che si dirigeva verso la sala.
Stefania era seduta sul divano, anche lei contratta su se stessa.
Papà era morto.
Aveva quasi settanta anni. Pensavo di odiarlo mio padre, come tutti gli adolescenti pensavo che fosse solo un rompipalle, lui e la mamma…… quanto mi sbagliavo!
Penso che quell’evento cambiò la mia vita, mi diede una seconda possibilità, penso che mio padre nel suo atto riuscì a darmi un ultimo consiglio, mi fece uscire da quella rabbia giovanile che tanto a volte logora.
Ripresi gli studi, non mollai il lavoro da paninaro che avevo rimediato per l’estate, volevo dare una mano in casa e a mia madre, non ci poteva credere lei!
Mia madre….. era sempre lì….. magari non aveva il pancione, ma era sempre lì….. per me e per Stefania, sono sicuro che lei abbia pensato di mollare tutto in quei giorni, potevo leggerlo nei suoi occhi, ma non l’ha fatto è stata lì con noi.

Mi sono diplomato e laureato, medicina, non c’entra niente con la scrittura vero?…… l’adolescenza fa brutti scherzi, un giorno mentre ero a trovare a mio padre al cimitero, chiesi di cosa fosse morto esattamente alla mamma, e lei rispose – carcinoma-
-cos’è un carcinoma?-……. Da lì decisi di diventare medico per curare più carcinomi possibili.
Stefania fa la parrucchiera, va di brutto come negozio, vanno tutti lì, è sposata ed è incinta di due gemelli.

La mamma era morta ormai da tre anni, quando incontrai Alessandra.
A parte il perizoma non ancora inventato c’erano altre mille cose di Alessandra che mi facevano impazzire, non so….. forse mi ricordava mia madre, tutti amano la mamma, o forse era semplicemente bella da morire.
Comunque mia sorella mi diceva che a me mi avrebbe fatto bene una donna, che ero un brav’uomo, laureato, avviato come uno dei migliori medici della città, giovane e solare.
Ti offro una granita? (certo che sono proprio negato, potrò offrirgli una granita!? una birra, un “cocktail”, una granita!? Cazzo ! una granita! ma come mi passa per la testa).

Si, perché no.

Ci sposammo in chiesa, per via dei suoi, a me non cambiava niente.
Il nostro matrimonio fu molto… come si può dire…… casto.
Sapete, Alessandra come lavoro organizzava matrimoni, forse si era annoiata di tutto quello sfarzo che era costretta a sorbirsi dalle spose iperansiose e dalle damigelle schizzofreniche, quindi…… ha deciso, perché tengo a sottolineare che ha deciso tutto lei, di sposarci in una piccola chiesa in centro, con un numero di invitati non superiore i cinquanta.
Gli chiesi di mollare il lavoro (insegnamento di mio padre) e dedicarsi alla casa (vecchio consiglio di papà) anche perché il 13 maggio 1995 stava per nascere Carlo e quindi volevo che avesse le stesse cose che ebbi io, la stessa mamma che si rotola insieme a lui, lo stesso papà che fa sacrifici per il suo futuro.

Carlo cresce a vista d’occhio, anche il pancione di Alessandra, c’è Sharon lì dentro che aspetta di uscire.
È tutto nato da Stefania che mi ha chiesto come mai non avessi figli, non sapevo neanche io perché non li avessi… così……

Torna presto Carlo, mi raccomando… Carlo….. ma perché non mi risponde mai questo?…. Carloooo
Che c’è papà
Innanzi tutto rispondimi quando ti parlo, e poi torna presto mi raccomando…
Papa ho tredici anni sono grande ormai, mamma digli qualcosa!
Ha ragione papà, torna presto e poi anche……
Si…si…. Ciaoooo

Era sempre così Carlo, usciva, poi era strano, perché non c’era mai nessuno sotto casa, si incontrava non so dove, in qualche parco con gli amichetti.
Grande, tredici anni sei già grande e da quando in qua? E Alessandra? Da quando in qua si è grandi a tredici anni?
Non lo so tesoro… non lo so veramente…..

Sharon era tranquilla studiava, voleva diventare una bilingue, non so da cosa gli fosse nata questa idea, ma a me onestamente non dispiaceva quindi, come mi ha sempre detto mia madre – Fai quello che ti fa stare bene -.
Alessandra, passavano gli anni ma Alessandra continuava ad essere bellissima, la stessa della granita e del perizoma non ancora inventato.
Quando Carlo e Sharon uscivano sembravamo due ragazzini di sedici anni, ci rotolavamo nel letto, in cucina, in sala, e ridevamo! e pensavamo! e dicevamo! Sognavamo i nostri figli grandi crescere, vivere, soffrire, rialzarsi e ricominciare tutto daccapo.
A volte avevamo paura di non riuscire, di non essere come i nostri genitori, di non aver le palle di gestirci due adolescenti in pieno sviluppo, e di farci schiacciare.
Poi però trovavamo la forza, ci baciavamo e ripartivamo come sempre.

Suo figlio
Che c’ha mio figlio?
Si fuma gli spinelli nei bagni della scuola

Quel periodo lo passai in uno stato molto particolare, pensavo a come poter aiutare mio figlio, pensavo che fumarsi le canne era una cosa normale, tutti i ragazzini l’hanno fatto, pure io.
Cercavo di capire come aiutarlo, pensavo il mio periodo, a quanto le parole di papà erano inutili, aspetto.

Cosa facciamo tesoro?
Aspettiamo, possiamo fare solo questo Alessandra, aspettare e cercare di limitare i danni

È difficile sapete fare i genitori, mio figlio si fa le canne, che cazzo devo fare ora ?!

Ogni sera tornava sempre più spento, una notte mi disse che non si sentiva bene, l’altra diceva che era tutto apposto.
Il tempo passava, sembrava che Carlo stesse meglio, gli occhi non erano più rossi.
Gli comincio a dire che lo porto a fare gli esami a sorpresa.
Alessandra ha paura che faccia anche dell’altro.
Mi chiamarono……

Suo figlio
Cosa mio figlio?
Gira con della brutta gente qui a scuola…..

Era un sabato sera, erano le cinque di notte, io ed Alessandra lo stavamo aspettando dalle tre.
Io ero in sala ed Alessandra era in cucina.
Entrò con la testa bassa, il cappuccio no, quello era alto, le luci erano spente.
Accesi quella del corridoio, il più lento possibile, non volevo vedere niente di quello che mi avevano detto.
Gli appoggio la mano sulla spalla, lo giro verso di me, Alessandra mi è di fianco, gli tiro su la manica della felpa.
Ha dei piccoli forellini sulla piega del braccio insieme ad altre viole.
Non so che dire e non so che fare.
Non gli chiedo cosa sono, lo so cosa sono.
Gli do uno schiaffo, gliene do un altro, poi un altro ancora gli dico che è un maledetto, gli dico come cazzo gli sia passato per la testa di farci questo anzi, -DI FARTI QUESTO!?-.
Non mi risponde, gli occhi, le iridi sono minuscole, la sua espressione non mi sfama più.
Alessandra da degli schiaffi alla felpa, senza senso, come a voler semplicemente cancellare. Grida, e grida!.
Gli dico di andarsene da casa mia, non lo voglio così.
Se ne va, e io piango con Alessandra che mi abbraccia, ora capisco mio padre, ora capisco mia madre.
Devo fare qualcosa, il mio Carlo non può andarsene così.
Forse deve morire qualcuno perché lui capisca, sarei disposto a farlo, ma il mio Carlo non può finire così.

È colpa tua…. Aspettiamo! Cosa aspettiamo che mio figlio muoia!
Non dare la colpa a me ! capito! non ci provare! Eravamo d’accordo che…!!! Non pensavo che….
Mio Dio! Carlo….

Non riesco a essere forte come mio padre, piango come un ragazzino senza palle.

Giro per la città senza scopo, cerco Carlo, anche se non sono sicuro che potrei riconoscerlo, è passata una settimana ormai da quel giorno. Vado da papa, al cimitero.
Dammi una mano tu papa…. Ti prego dammi una mano….. mi chiamano….

Suo figlio
Cosa mio figlio?
È al pronto soccorso.

È steso sul lettino, lo tengono in vita due sacche piene di un liquido, so cos’è, sono comunque un medico, ma lì in quel momento sono solo un papà accompagnato dalla mamma, e mio figlio non può sentirmi nè capirmi. Lo stringo forte a me, è bellissimo mio figlio, è il più bel figlio che potesse capitarmi.
Passa un mese.

Suo figlio
Cosa mio figlio?
Si è ripreso
In Comunità

Alessandra aveva preparato tutto, lo spumante e il dolce, eccolo che sale le scale è mio figlio, con mio nipote, è bellissimo si chiama Renzo.
Carlo dice che gli ho insegnato tanto, che gli ho insegnato a non mollare, Sharon è in cucina che mi aspetta con gli altri 3 miei nipotini.
Renzo, ha voluto dargli il mio nome.

Penso a quello che è stato, penso a quello che ho sbagliato, penso a quello che ho pagato, penso che è stato tutto molto caro, penso che a volte si tende a vedere queste cose sempre dalla parte dei figli, ma la mia vita mi ha insegnato tanto, mi ha fatto capire tanto.
Ho capito cosa facesse mio padre quando me ne andavo via di casa, ho capito cosa volesse dirmi mia madre in quei momenti.
Magari la vita è fatta così, si capisce tutto dopo, si prova a spiegare, ma si capirà tutto sempre dopo. Ora sono felice, Sharon sta bene, Carlo pure, sono pieno di nipoti e di sorrisi, di ricordi e di abbracci, di perizomi e granite, stufo di ospedali e pronti soccorsi.
Eccomi…

I suoi figli?
I miei filgli stanno bene


30 Settembre 2014
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