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Giovani d’azzardo

Se li senti parlare di come funzionano le scommesse sportive, rimani colpito dalla precisione, dai dettagli, dalle spiegazioni sulle opportunità di vincere e sulle migliori strategie da seguire. Hanno 13, 15, 16 anni, in sala non potrebbero accedere e invece sono lì a puntare il minimo, “appena due euro a settimana”, la paghetta, con la speranza di incrementarla senza sforzo.
Nella peggiore delle ipotesi, hanno i soldi sottratti al portafoglio dei familiari. Già un paio d’anni fa il preside di un Istituto tecnico di Brescia si era rivolto all’Associazione giocatori anonimi perché nelle aule sparivano cellulari e portafogli, rubati per procurarsi il denaro per il videopoker o per scommettere su Internet. E se nelle ricevitorie campeggiano i cartelli di divieto ai minori, la soluzione c’è: chi trova un fido alleato nel padre, chi nell’amico più grande o che dimostra più anni. “A lui non lo fanno giocare e allora gioco io per lui”, tanto il gestore giudica dall’altezza.
Come si è arrivati a questo? Diffusione della pubblicità, bombardamento mediatico che non fa distinzione tra adulti e minori, mancanza di controlli sugli acquisti, genitori che giocano, ignoranza o incomprensione dei divieti.
Secondo un’indagine Nomisma il 14 per cento di minorenni accede alle Newslot, il 20 scommette in agenzia, l’11 al bingo e il 7 per cento gioca a poker online. Per il ‘Rapporto gioco e giovani’, Nomisma ha sentito 8.582 studenti tra i 16 e i 19 anni: il 68 per cento ha tentato la fortuna almeno una volta, con una spesa mensile di 10 euro. Il 51 per cento mosso dalla speranza di una vincita, il 28 per divertimento. Il 76 per cento dei gambler sono maschi, i tre quarti arrivano da Sud e isole, il 78 per cento studia nei professionali. Il 22 per cento ha provato almeno cinque tipologie d’azzardo, il 24 lo nasconde ai genitori, il 5 per cento ha giocato invece di andare a scuola: comportamenti critici, alla soglia del gioco “problematico”, anticamera di quello “patologico”.


10 Maggio 2010
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