Dopo l’abbandono della scuola iniziai a lavorare. Decisi di lavorare nel panificio di mio padre, stavo alla cassa e quindi avevo la possibilità di fregargli sempre un sacco di soldi. Tutte le sere uscivo e facevo tardi, ma dopo un po’ i ritmi di quella vita divennero difficili da sostenere.
Inoltre a diciannove anni, nel giro dei locali e delle discoteche conosco Elisa, con lei divento amica, insieme andavamo in giro a divertirci.
Una sera ci procuriamo un bel po’ di pasticche prima di entrare in discoteca, poi l’Elisa mi dice “Alla fine di questa serata avremmo bisogno di qualcos’altro.” Insomma, diceva che dopo una serata in cui stai su di giri tutto il tempo hai bisogno di qualcosa per calmarti. Così siamo andate a comprare l’eroina. All’inizio non ero molto entusiasta, nella mia testa poteva andare bene sballarsi con le altre droghe, ma l’eroina la vedevo come la droga dei tossici, quella che ti toglie la dignità e io non ero arrivata a quei livelli, non ci dovevo arrivare, non avevo bisogno di quello. Quella sera non la presi e neanche la volta dopo, dissi di no, mi spaventava l’idea di dover arrivare lì.
Un giorno, però, ero in macchina con l’Elisa e un ragazzo che mi piaceva. Ad un certo punto lui tira fuori una scatolina con dentro l’eroina. Io con lui avevo un mezzo inciucio e non gli ho saputo dire noi. L’Elisa l’aveva già provata, tutto era andato bene e già mi ero abituata all’idea. Mi dissi “Che problema c’è. Se non mi piace non la prendo più.” Il problema, però, è che mi era piaciuta. Mi sono sentita un calore strano addosso, quella sensazione mi aveva riportata indietro e ho associato quel calore alla presenza affettuosa dei miei genitori che mi mancavano tanto. Da quel momento rincorsi sempre quel calore. Prima una volta a settimana, poi due, poi tutti i giorni.
-Francesca-