L’8 aprile scorso si è tenuto a San Patrignano il workshop “The Positive University of the 21st Century” a cui hanno partecipato personaggi di spicco di università e imprese: Letizia Moratti (Chair), Stefano Paleari (Chair), Alberto De Toni (Università of Udine), Giuseppe Novelli (Università of Tor Vergata), Emma Ursich (Generali), Stefano Palmieri (Finmeccanica), Lucia Silva (Network KPMG Italia & EMA), FaizaErraisBorges (PlaNetFinance Italia), MathildeDurand(L’Oréal Italia).
In generale il mondo imprenditoriale si è espresso positivamente in merito ai mutamenti in atto nel sistema universitario italiano:
1. La qualità della preparazione dei laureati è mediamente alta e raggiunge spesso punte di eccellenza
2. Il Sistema è comparativamente efficiente. Il costo totale delle università (7 miliardi dallo Stato e 1.8 dal contributo studentesco nel 2013/14) equivale a 1/3 di quello in UK, Germania, Francia
3. Le università italiane costituiscono un Sistema che compete e coopera allo stesso tempo
A seguito di un’intensa discussione sono emerse diverse proposte ispirate dai principi della “Positive Economy”, riassunte in “10 idee per la
Positive University”. Ogni proposta può essere vincolata a uno specifico obiettivo e, possibilmente, a un indicatore misurabile.
Non più torri d’avorio
Un’università positiva interagisce con tutti i partner territoriali e si offre per una leadership culturale sui grandi temi
I docenti non dovrebbero essere più considerati a tutti gli effetti dipendenti pubblici. Ciò potrebbe anche significare un cambiamento nelle politiche retributive. In questo la riforma Gelmini, nonostante alcuni indubbi benefici, ha fallito nel superare un approccio burocratico e centralista
Un’università positiva non può essere competitiva se viene trattata come parte della PA
Il mondo esterno necessita di laureati in possesso di soft skill: problem solving, flessibilità, apertura mentale, etc. La società della conoscenza richiede un approccio interdisciplinare per affrontare i grandi cambiamenti
Un’università positiva dovrebbe offrire esperienze multidisciplinari e, possibilmente, anche carriere multidisciplinari
Equilibrio fra diritti e doveri (di professori, studenti e altri stakeholder). Condanna di comportamenti scorretti in ambito accademico (plagio, frode, etc.). Promozione di uno stile di vita corretto e di valori etici. Attenzione alla sostenibilità ambientale.
Un’università positiva deve adottare un codice di condotta per garantire il proprio contributo allo sviluppo etico della società
Più esperienze, meno lezioni frontali. Programmi di dottorato più aperti all’esperienza esterna e non solo proiettati verso la carriera accademica. Partecipazione alle attività degli spin-off accademici.
Un’università positiva è attiva in termini di collaborazioni con terze parti e promuove la “terza missione”
Protezione della qualità media al posto della mania dei ranking. Attività di tutoraggio indirizzate al miglioramento del livello dell’esperienza individuale.
Un’università positiva punta anche alla qualità della didattica e ha al centro l’individuo
Un nuovo meccanismo di finanziamento basato su: 1) i costi standard, vincolati al rapporto studenti/docenti come indicatore di efficienza; 2) la performance misurata su vari parametri, in primis la ricerca
Un’università positiva è sia efficiente sia efficace
Al momento, nel collaborare con partner stranieri e nell’apertura internazionale, le università sono costrette ad affrontare problemi amministrativi consistenti e impedenti.
Un’università positiva attrae sia studenti che docenti stranieri qualificati
C’è sempre più bisogno di selezionare talenti. Le università devono puntare a un target preciso e non necessariamente esteso. Obiettivo che può essere raggiunto anche orientando e selezionando meglio gli studenti
Un’università positiva orienta e seleziona i suoi studenti in base alle competenze e alla predisposizione.
Non solo studenti ventenni. Formazione superiore per il pubblico adulto.
Un’università positiva attrae studenti in diversi fasi della vita e con modalità differenziate (didattica tradizionale, MOOCs, esperienze extra curriculari, etc.)
Negli scorsi 5 anni alle università italiane è stato chiesto di “fare di più con molto meno”.
Nei prossimi 5 anni le università si aspettano “più investimenti, ma solo se ben indirizzati”.
Università e società hanno bisogno di cambiare insieme!